Dopo mesi di silenzio e di «fiducia» risposta nella giustizia, l’ex sindaco di San Giuseppe Vesuviano – Vincenzo Catapano – ha deciso di alzare la voce. Lo fa a pochi giorni dalla sentenza del Tar del Lazio che ha definito «legittimo» il provvedimento di scioglimento per infiltrazioni camorristiche del consiglio comunale del 9 giugno dello scorso anno, un decreto che era stato impugnato dal primo cittadino e dai suoi fedelissimi, convinti di «smontare» una per una le accuse contenute nella relazione che ha spalancato le porte del municipio alla commissione straordinaria. Nel documento firmato «l’amministrazione comunale» si rivede il vigore che l’ex primo cittadino era solito mettere nei suoi interventi. Ora è lui, insieme a quelli che lo hanno sostenuto fino alla fine, a passare al contrattacco. Ad annunciare il ricorso al Consiglio di Stato contro il provvedimento del Tar del Lazio perché quello che ha riguardato San Giuseppe Vesuviano è «uno scioglimento con il fantasma». «Ciò che non è mai accaduto non può essere dimostrato e in democrazia la colpevolezza deve essere provata», si legge nel documento rivolto ai cittadini di San Giuseppe Vesuviano. è un atto che non solo «risveglia» la voglia di fare politica dell’ex primo cittadino e dei suoi accoliti, ma arriva nelle settimane in cui sono partite le trattative in vista delle imminenti amministrative della prossima primavera post scioglimento. « Nella relazione di scioglimento non viene riportato alcun “incontro”, nessun “contatto” tra un qualsiasi amministratore ed un esponente della camorra e non viene mai menzionato il nominativo di alcun soggetto che, per conto e nell’interesse della camorra, avrebbe sottomesso o resa omissiva la volontà della amministrazione. È o non è un nostro diritto sapere chi avrebbe “soggiogato” le nostre azioni e soprattutto dove e quando sarebbe stata “permeata” la nostra volontà? Con chi, quando e dove, dunque, avremmo tradito la nostra città?». Un interrogativo a cui la ex squadra di governo locale ha già una risposta, per ora non è la stessa dei giudici. Tra le contestazioni anche la questione ditte, molte sono state inserite nella relazione che ha portato allo scioglimento. «Tutte le 16 ditte indicate nel decreto di scioglimento sono dotate di certificazioni antimafia rilasciate dalle Prefetture e ben 7 di esse sono iscritte nella White list antimafia. Mentre nel decreto di scioglimento le ditte sono indicate come “mafiose”, improvvisamente, le stesse ditte non vengono più considerate mafiose ed a tutt’oggi continuano per il nostro Comune». « Ed ancora: perché la commissione straordinaria ha riconfermato quasi tutti i funzionari se la macchina amministrativa era “gravemente compromessa”? Tutti gli amministratori di maggioranza sono incensurati e non sono coinvolti in alcun procedimento penale». Per i firmatari del documento, che poi sono gli stessi che avevano già presentato ricorso al Tar Lazio, la decisione di interrompere il cammino dell’amministrazione Catapano rientrerebbe in una guerra politica che ha avuto come effetto lo scioglimento del consiglio sangiuseppese. Su queste basi si fonda il ricorso al Consiglio di Stato che nei prossimi mesi sarà chiamato a decidere se fu legittimo o meno mandare a casa i politici e far tornare in città una commissione anticlan: «è o non è giusto chiedersi se lo scioglimento del nostro consiglio comunale sia un mero atto politico, espressione di evidente faziosità ed estremamente dannoso per la democrazia?. Confidiamo in un ribaltamento della decisione al Consiglio di Stato che restituisca alla nostra città onore, verità e giustizia».
CRONACA
28 novembre 2023
San Giuseppe Vesuviano, il sindaco contro lo scioglimento: «Ricorso al Consiglio di Stato, fu decisione politica»