Merce imposta ai negozianti e spesso neanche consegnata, per poi riciclare gli incassi del racket nei centri scommesse. Tra i sette arrestati figura anche Michele D’Alessandro junior, classe 1992, figlio di Luigi e nipote omonimo del defunto capoclan di Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli. Secondo l’Antimafia, i 6 internet point presenti a Castellammare di Stabia e Sant’Antonio Abate sarebbero riconducibili al clan D’Alessandro, anche se intestati a prestanome e “teste di legno”, spesso tossicodipendenti e disoccupati insospettabili. Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale Antimafia di Napoli, sono state condotte dai finanzieri del Gruppo guardia di finanza di Torre Annunziata agli ordini del colonnello Gennaro Pino. Secondo l’accusa, il clan si avvaleva di diversi prestanome nullatenenti per la raccolta illecita di scommesse online all’interno degli Internet point, dove peraltro erano presenti totem e congegni elettronici da intrattenimento privi di qualsiasi autorizzazione. Ad alcuni indagati viene contestato anche il reato di estorsione. Il pizzo nei confronti dei negozianti era giustificato da finti acquisti di beni necessari per attività commerciale delle vittime, che in realtà spesso non hanno nemmeno ricevuto la merce.
GLI ARRESTATI
A finire dietro le sbarre sono Michele D’Alessandro (32 anni, figlio del boss Luigi attualmente recluso al 41-bis), Roberto Di Somma (37 anni), Armando Barretta (25 anni), Rodolfo D’Apuzzo (33 anni), Matteo Di Lieto (35 anni), Antonio Lucchese (41 anni) e suo padre Ugo (63 anni). Altre 11 persone sono invece indagate a piede libero