Portici/Ercolano. Nel cuore la passione per i vulcani. A 60 anni ne ha scalati duecento tra famosi e sconosciuti, in ogni parte del mondo. Da solo, in condizioni climatiche difficili, tra strade tortuose e sentieri impervi.
A fargli compagnia uno zaino con una mini-moka, tenda e macchina fotografica per cogliere gli scatti di fiumi di lava, albe e aurore. Lui è Gino Ambrosio, impiegato delle Poste, porticese doc che vive sul Vesuvio a Ercolano, per diversi mesi all’anno si dedica alla sua passione: i vulcani, il trekking, le immersioni subacquee. Nel 2018 con una mostra fotografica in 100 clic – allestita alla Reggia borbonica di Portici – ha raccontato paesaggi, nature e uomini incontrati nei suoi viaggi: dall’Erta Ale conosciuto come la porta dell’inferno in Etiopia al Monte Fuji del Giappone.
Una passione nata nell’adolescenza quando il padre gli faceva leggere i classici di Emilio Salgari e Jules Verne. Così, Gino si è allenato ed è partito, zaino in spalla, dai percorsi più semplici a quelli irti di ostacoli. «Crescendo mi è piaciuto viaggiare, ho iniziato mettendo pesi di 55 chili sul corpo, allenandomi a lunghe passeggiate sul Vesuvio per poi affrontare l’avventura – spiega -. Ho visitato il Kilimangiaro, il Fuji in Giappone, il Cotopaxi in Ecuador, i vulcani nelle Hawaii e Nuova Zelanda mentre all’Everest ero al campo base senza salire in vetta. E ancora, il Cile, la Patagonia, la Terra del Fuoco, i vulcani della Kamchatka in Russia. Ho visto l’Etna eruttare lingue di fuoco a pochi metri di distanza. Se mi fai l’esame del sangue nel mio dna ci sono lava e pomodorini del Vesuvio».
L’ esperienza più significativa la racconta tutta d’un fiato. Nel 2006 sul Merapi, uno dei più attivi e pericolosi al mondo, nell’isola di Giava in Indonesia. «Avendo saputo che lo stavano evacuando, passai per Giava e lì, saltando posti di blocco, riuscii a salire arrivando in un luogo con scarsa visibilità con nuvole, tutto bianco. Appena piantata la tenda, mi sono girato e ho visto color arancio misto a bianco: era l’eruzione che si attendeva da un mese». Lasciata la città, due giorni dopo in quella zona di Giava si verificava un terremoto con migliaia di morti. «La notizia l’ho appresa dopo dieci giorni perché, nel frattempo, avevo fatto trekking tra i vulcani attraversando l’isola di Giava per poi prendere l’aereo per Sulawesi. E lì ho saputo del sisma. I miei mi avevano dato per disperso». Dall’Indonesia alle terre gelide dell’Islanda, tra i geyser e i paesaggi colorati “a fare trekking”.
Così come in Alaska e Canada. E poi alle Canarie presso l’isola di La Palma, «dove fui testimone dell’eruzione del Cumbre Vieja e, nonostante fossi stato fermato dalla Polizia, vidi lingue di fuoco davanti agli occhi”. Gino ha fatto immersioni da sub anche a Cipro ‘visitando’ un museo sottomarino. A chi vuole mettersi sulle tue orme cosa consigli? «Innanzitutto, stretching, esercizi per sviluppare addominali e corsi di allenamento». Un desiderio? «Visitare i vulcani dei Caraibi. Anche se è più caro il biglietto aereo rispetto alla permanenza». Un sogno che, spera, si avvererà.
@riproduzione riservata