Castellammare. Chiedono la scarcerazione i presunti mandanti dell’omicidio del consigliere comunale Gino Tommasino. Vincenzo D’Alessandro e Sergio Mosca hanno presentato ricorso contro la sentenza emessa dal Riesame che ha confermato le accuse mosse dall’Antimafia, che li individua come coloro che diedero l’ordine al gruppo di fuoco della cosca di Scanzano di ammazzare il politico. Era il 3 febbraio 2009, una delle date più brutte della storia di Castellammare, perché la camorra arrivò a colpire al cuore le istituzioni. Nei giorni scorsi, la Procura Antimafia ha chiuso le indagini su quell’omicidio per il quale sono stati già condannati gli esecutori materiali. Tre di loro, nel tempo, hanno cominciato a collaborare con la giustizia: Raffaele Polito, Renato Cavaliere e Salvatore Belviso. E sono proprio questi ultimi due, in particolare, ad aver offerto ai magistrati dell’Antimafia la possibilità di arrivare ad accusare i presunti mandanti: Vincenzo D’Alessandro e Sergio Mosca. Le prove dell’Antimafia hanno retto davanti ai giudici del Tribunale della Libertà e ora saranno valutate dalla Cassazione. Quello di Tommasino non è però l’unico omicidio ricostruito dalla Procura Antimafia. Nelle oltre 300 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmate dal gip di Napoli lo scorso maggio ce ne sono altri quattro. Si comincia da quelli di Carmine D’Antuono e Federico Donnarumma, avvenuto il 28 ottobre 2008 a Gragnano. I mandanti dell’omicidio, secondo l’accusa, furono Vincenzo D’Alessandro e Paolo Carolei (anche quest’ultimo ha presentato ricorso in Cassazione). Il primo voleva la morte di Carmine D’Antuono perché ritenuto uno dei responsabili della strage delle Terme, in cui perse la vita Domenico D’Alessandro, fratello di Michele, boss fondatore della cosca. Carolei, che invece si era imparentato con i Di Martino di Gragnano, voleva eliminare un concorrente nel business delle estorsioni sul territorio dei Monti Lattari. Quell’omicidio, secondo la ricostruzione degli investigatori, fu messo a segno da Renato Cavaliere, Salvatore Belviso, Catello Romano e Michele Massa. A sparare 14 colpi fu Catello Romano, mentre gli altri si occupavano di controllare la zona e coprire la fuga. Dopo Carmine D’Antuono, il killer ammazzò anche Federico Donnarumma – vittima innocente – che fu scambiato per il figlio di D’Antuono. Un altro omicidio ricostruito è quello di Nunzio Mascolo, detto ‘o brisc, ucciso il 5 dicembre 2008 a Castellammare di Stabia. Ad eseguire il delitto, secondo l’accusa, furono Salvatore Belviso e Catello Romano. Mascolo si rivolse a Renato Cavaliere per avere una pistola che gli serviva per risolvere una questione con un altro pregiudicato del centro antico. Ma quando tornò per prendere l’arma, trovò la morte. Il clan d’Alessandro non gli aveva perdonato i suoi rapporti con Pietro Scelzo – anche quest’ultimo ammazzato nel 2006 – che anni addietro aveva deciso di aderire al gruppo degli Omobono-Scarpa. Tra le pagine dell’ordinanza spunta anche la ricostruzione del delitto di Antonio Vitiello, ammazzato su ordine del boss Vincenzo D’Alessandro perché accusato di trattenere per sé i soldi delle estorsioni.
CRONACA
1 ottobre 2024
Castellammare. Omicidio Tommasino, i boss chiedono la scarcerazione