Il dato fa paura: in Campania c’è un gran numero di giovani, in media sui 25 anni, inconsapevole di essere affetto da Hiv. Non sa di aver contratto l’infezione, il che si traduce in un gigantesco problema per la salute degli stessi soggetti e per le altissime probabilità di trasmissione del virus.
E’ l’allarme che lancia Nicola Coppola, direttore dell’Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Napoli Luigi Vanvitelli. «Ogni anno solo nella regione Campania vengono fatte poco meno di 200 nuove diagnosi a pazienti che hanno un’età media di 37 anni e che sono portatori del virus ormai da 7 o 8 anni».
Sono necessari i controlli per arrivare a diagnosi precoci, visto che i pazienti con Hiv vanno assistiti anche per affrontare problematiche metaboliche come il diabete e l’ipercolesterolemia, lesioni precancerose. E’ necessario. Inoltre conoscere i casi serve anche a gestire al meglio la profilassi pre-esposizione (PrEP) con farmaci antiretrovirali da somministrare alle persone con il virus che possono ridurre il rischio di diffusione dell’Hiv fino al 99%. Importante anche la Pep (Profilassi Post-Esposizione), ovvero un trattamento d’emergenza che deve essere iniziato entro 72 ore da una potenziale esposizione all’HIV, come rapporti sessuali non protetti o esposizione professionale.
Oggi i soggetti affetti da infezione di Hiv hanno una prognosi ed una qualità della vita sovrapponibile a quella della popolazione senza tale infezione, grazie alla terapia antiretrovirale. L’inizio precoce di tale trattamento può sopprimere la replicazione virale a livelli non rilevabili nel sangue, prevenendo la progressione dell’infezione verso l’Aids e permettendo alle persone che ne sono affette di avere un’aspettativa di vita simile a quella della popolazione generale.
Nonostante l’enorme efficacia del trattamento dell’infezione oggi, un aspetto preoccupante resta quello legato alla sua diagnosi, poiché oltre il 60% di queste diagnosi avviene in fase tardiva, quando il sistema immunitario è già compromesso o, peggio, nel 28% dei casi, quando si è già sviluppato l’Aids, con un aumentato rischio di complicanze cliniche per il paziente e di trasmissione del virus ad altri soggetti.
Questo sottolinea l’importanza di strategie efficaci per promuovere il testing precoce e regolare tra le popolazioni a rischio. Le diagnosi tardive sono spesso il risultato di una bassa percezione del rischio, della mancanza di sintomi specifici nelle fasi iniziali dell’infezione e dello stigma associato all’Hiv. Per migliorare questa situazione, è fondamentale aumentare la consapevolezza pubblica sull’importanza del testing regolare, promuovere campagne di sensibilizzazione e ridurre lo stigma attraverso l’informazione.
«Lo screening precoce dell’HIV – dice Coppola – è accessibile e può essere effettuato attraverso test rapidi disponibili in centri sanitari, ospedali, associazioni e alcune farmacie oppure con test su siero presso strutture ospedaliere o centri convenzionati».