Roma. Scoperto il meccanismo autoimmune contro i tessuti del cuore, responsabile della progressione dello scompenso cardiaco, una condizione che colpisce un over65 su 10. Lo scompenso cardiaco è una condizione comune e invalidante, che in Italia colpisce circa 600.000 persone e nei paesi industrializzati, rappresenta la principale causa di disabilità e mortalità nella popolazione anziana.
La ricerca è stata condotta nell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas ed ha permesso di testare un prototipo di vaccino per spegnere l’infiammazione, miccia che accende la malattia, e ridurre i sintomi in un modello di laboratorio della malattia.
Lo scompenso cardiaco non ischemico, ovvero non causato da infarto, è stato a lungo considerato come una malattia meccanico-metabolica: il muscolo cardiaco, anche a causa dell’età o per via di restringimenti vascolari che ne aumentano lo sforzo, fatica a pompare il sangue in circolo. Secondo uno studio condotto nei laboratori di IRCCS Istituto Clinico Humanitas però, a guidare la progressione della patologia ci sarebbe una reazione autoimmune: cellule immunitarie – i linfociti T – riconoscono il tessuto cardiaco per via di alcune molecole prodotte dal cuore sotto stress, migrano all’interno dell’organo e attivano processi infiammatori che ne compromettono la funzione.
Il meccanismo scoperto potrebbe aprire la strada, in futuro, ad approcci terapeutici innovativi: i ricercatori hanno infatti isolato alcune delle molecole che generano la risposta autoimmune e le hanno utilizzate per sviluppare un prototipo di vaccino che, a differenza dei vaccini tradizionali che attivano il sistema immunitario, addestra il sistema immunitario a non attivarsi: un cosiddetto vaccino “tollerizzante”. Il vaccino, testato in un modello sperimentale della malattia, è riuscito a prevenire l’infiammazione e migliorare la funzione del cuore.
A guidare lo studio, pubblicato su Circulation Research, sono Marinos Kallikourdis, professore associato di Humanitas University e responsabile del Laboratorio di Immunità Adattiva, e Gianluigi Condorelli, professore ordinario di Humanitas University, Direttore del Programma di Ricerca in Cardiologia e del Cardio Center di IRCCS Istituto Clinico Humanitas. “Il lavoro dimostra per la prima volta che lo scompenso cardiaco non-ischemico ha delle forti componenti auto-immuni: la sua progressione è guidata dal riconoscimento di specifiche molecole – i cosiddetti auto-antigeni – da parte dei linfociti T. Queste molecole sono sufficienti a produrre i sintomi, che a loro volta possono essere trattati agendo sulla risposta immunitaria”, spiegano Marinos Kallikourdis e Gianluigi Condorelli.
“Si tratta di un risultato importante, anche se per ora limitato al modello sperimentale della malattia. I prossimi passi saranno di validare quanto ottenuto in contesti clinici e proseguire nello sviluppo di modalità idonee per poter portare il nuovo set di soluzioni al letto del paziente in modo sicuro. Una strada lunga ma che vale la pena percorrere”.