Ci sono uomini che lasciano segni indelebili, uomini capaci di seminare insegnamenti che germogliano e crescono, talmente forti da resistere persino alla falce della morte, che arriva sempre troppo presto. Cinica. Spietata.Giovanni La Mura è stato uno di questi uomini. Un figlio straordinario di questa terra alla quale ha dedicato gran parte della vita.
L’ultima volta che ci siamo incontrati è stato prima di Natale, dentro il suo ufficio che profuma di legno al primo piano della torre di vetro che domina l’ingresso di Marina di Stabia. Il Vesuvio da un lato, Castellammare di Stabia dall’altro, tutt’intorno il mare, che non smette mai di incantare. «Un bene prezioso», mi diceva sempre. «La nostra più immensa ricchezza». Mi aveva raccontato dell’intervento subito e della convalescenza, però mi aveva anche confidato di essere finalmente fiducioso per il futuro. Anche per quello di Marina di Stabia, riferendosi senza troppi giri di parole al tira-e-molla che da anni tiene al palo il progetto delle opere a terra del porto turistico che lui ha immaginato, realizzato e portato al successo come eccellenza del Golfo di Napoli.
Era sicuro di riuscire a vedere il completamento dell’opera, o almeno ci sperava in cuor suo. Era certo che l’inizio di quest’anno avrebbe portato buone notizie per tutti, che nell’arco di tre o quattro anni al massimo le opere a terra sarebbero state completate, e allora Castellammare di Stabia avrebbe finalmente potuto imporsi come perla turistica del Tirreno.
Ne abbiamo parlato spesso, e posso dire che per quanto gli anni pesassero sul suo fisico erano diventati anche la fortuna di uno spirito sincero e libero, di una mente sempre lucida e fervida. L’esperienza di una vita vissuta a piene mani era evidentemente il pilastro delle sue visioni illuminate per la città e per tutto il territorio costiero.
Aveva idee lungimiranti, il presidente, che spesso sono state avversate e strumentalizzate, idee senza dubbio coraggiose e affascinanti. Ciò che mi ha sempre colpito è stata la sua visione grandiosa, un dono che purtroppo hanno sempre meno uomini in questo pezzo di provincia da rilanciare. Una visione grandiosa non solo sotto l’aspetto imprenditoriale ma anche dal punto di vista sociale, urbanistico, economico, turistico e culturale.
Ci credeva davvero in questa terra bellissima e maledetta, che ha grandi potenzialità a portata di mano ma che spesso è vittima dell’incapacità di cogliere e valorizzare le opportunità che le si presentano. Il più delle volte per sterili divergenze, per inutili battaglie di principio, pretestuose prese di posizione che a conti fatti diventano nemiche dell’interesse comune.
Non ho mai scorto la bramosia di potere o di ricchezza nelle parole del presidente, ho sempre apprezzato la sua voglia straordinaria e caparbia di voler mettere a disposizione della comunità l’esperienza di una vita lunga e fortunata.
Giovanni La Mura non si sentiva infallibile, ma sentiva umilmente il dovere di lasciare qualcosa alla sua terra. Quando ci siamo salutati l’ultima volta, con le due tazzine sporche di caffè sulla scrivania ed un sole quasi primaverile che riscaldava il suo ufficio vista mare, mi ha stretto la mano e mi ha sussurrato per l’ennesima volta il suo desiderio: «Direttore, quel libro dobbiamo scriverlo».
Me lo aveva detto sottovoce, quasi avesse paura di sembrare borioso. «Voglio che raccontiate Marina di Stabia, dal principio alla fine». E sapeva che raccontare Marina di Stabia avrebbe significato raccontare una ragione della sua esistenza. Una vita intensa e straordinaria impreziosita dalle passioni di un uomo impegnato. Dalla scuola alla politica. Dalla famiglia all’impresa. Dalla sua terra ai giovani. Già, i giovani, perché è così che ho conosciuto un grande uomo.
Era il 2018 quando seppe che Metropolis aveva lanciato Young, il giornale degli studenti. Mi chiamò e chiese di incontrarmi. «Sono al vostro fianco», mi disse. «Dare voce e fiducia ai giovani è l’essenza della nostra vita terrena».