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Le madri dimenticate nel circo dell’ipocrisia
AGORÀ
10 maggio 2025
Le madri dimenticate nel circo dell’ipocrisia
Raffaele Schettino

C’è una tentazione che torna puntuale: ridurre la Festa della Mamma a una carezza di circostanza. Eppure questa giornata merita di più. È, o dovrebbe essere, un’occasione per riflettere profondamente sul ruolo della donna-madre ieri, oggi e domani, su quanto continui a incidere nella storia dell’uomo, nella politica, nella scienza, nell’evoluzione sociale e persino nei momenti più bui dell’umanità. Intanto, non si può parlare di Madre senza evocare la figura di Maria, la madre di Cristo, pilastro della cristianità. Non si può ignorare quello che ai credenti è apparso come il segno dello Spirito Santo che ha annunciato l’elezione del successore di Pietro proprio nel giorno della Madonna, o meglio nel giorno della Supplica storica alla Madonna del Rosario scritta da Bartolo Longo nel 1883, la prima levatasi con l’aurea della santità scesa sul suo autore. E non si può ignorare che nelle sue prime parole da pontefice, Leone XIV abbia richiamato con forza l’immagine di Maria, la «madre dei fedeli», lodandola come modello eterno e recitando l’Ave Maria dalla loggia di San Pietro. Un gesto denso di significato, che per la Chiesa rappresenta un segno, un’indicazione, una conferma della centralità della figura della donna-madre nella famiglia tradizionale. Non si può parlare di Madre, però, senza considerare che viviamo in un mondo in profonda trasformazione, dove il concetto stesso di maternità, e dunque di famiglia e identità, è al centro di dibattiti, fratture, spinte di rinnovamento. A ragione o a torto, secondo prospettive diverse, si discutono modelli che fino a qualche tempo fa sembravano scolpiti nella pietra. Confronti che impongono riflessioni ampie, non ideologiche ma inclusive. Riflessioni che dovrebbero tener conto dell’evoluzione del pensiero e dei diritti civili, di ogni filosofia, di ogni visione, senza dimenticare, tuttavia, ciò che le madri hanno rappresentato nella costruzione del mondo in cui viviamo. Un ruolo che spesso abbiamo dato per scontato, ma che in realtà resta resta tra i più complessi della società. La madre è genitrice e guida, è lavoratrice e spesso anche supplente dello Stato e delle istituzioni. Lo è in casa, nelle comunità, nei contesti più fragili e degradati. Lo è ancora di più nel Sud d’Italia, nelle nostre città, dove le tutele sono più deboli, le opportunità più scarse, e dove le donne devono letteralmente equilibrarsi tra maternità e realizzazione personale. Non a caso, si chiama «Le Equilibriste» il report di ActionAid pubblicato da Metropolis, uno studio che traccia un quadro chiaro e spietato.

Dice che nel Mezzogiorno, il tasso di occupazione femminile è tra i più bassi d’Europa, e le madri sono ancora costrette a scegliere tra famiglia e lavoro, spesso rinunciando a quest’ultimo.E il tema della natalità s’intreccia inevitabilmente con questo scenario. L’Italia è un Paese sempre più vecchio, eppure la maternità non viene favorita. Mancano politiche efficaci, leggi stabili, strumenti concreti per sostenere le donne che vorrebbero diventare madri senza sacrificare il proprio futuro. Certo, alcuni passi sono stati fatti: la Regione Campania ha promosso iniziative a sostegno delle famiglie, ha rilanciato il dibattito sulla conciliazione dei tempi di vita e lavoro, ma è solo l’inizio. Servono asili nido accessibili, incentivi strutturali, congedi condivisi, serve una cultura che smetta di guardare la maternità come un problema da risolvere.

E pensare che su questo aspetto siamo clamorosamente in ritardo. Che sono trascorsi decenni invano. Questa consapevolezza era già viva negli anni Cinquanta, quando un giovane sacerdote, Don Otello Migliosi, decise di istituire per la prima volta la Festa della Mamma nel piccolo centro di Tordibetto, a due passi da Assisi, la città di San Francesco. In un’Italia ancora segnata dalla guerra, tra macerie e speranze, Don Migliosi intuì prima di molti la necessità di riconoscere pubblicamente il valore e la complessità della madre. La sua intuizione fu poi accolta a livello nazionale, e la festa divenne istituzionale, proprio nel giorno della Madonna, con una coincidenza simbolica fortissima. Prima di essere spostata alla seconda domenica di maggio, comunque tra le fioriture primaverili e nel pieno del mese mariano. Già allora, le madri italiane avevano pagato un prezzo altissimo nella guerra: alcune, ingannate dalla propaganda, avevano donato le fedi per sostenere il fascismo credendo in un sogno grande che si rivelò e bugiardo e traditore; altre, invece, trovarono la forza di ribellarsi. Furono partigiane, si schierarono sulle barricate, si opposero ai rastrellamenti nazisti dopo l’armistizio e l’occupazione, come accadde nelle Quattro Giornate di Napoli, ma anche nelle città della provincia avamposto di libertà e conquista: da Portici a Torre Annunziata, da Castellammare di Stabia a Gragnano. Qui, molte donne, spesso madri, hanno combattuto accanto agli uomini, accanto ai figli, per la libertà. Non si può dimenticare che nella storia antica e recente, le donne-madri hanno sempre lasciato segni indelebili.

Da Cornelia, madre dei Gracchi, che educò i figli al senso dello Stato, a Rosa Parks, madre simbolica dei diritti civili, da Marie Curie, madre due volte e due volte premio Nobel, a Maria Montessori, l’educatrice rivoluzionaria; da Teresa Mattei, la più giovane eletta all’Assemblea Costituente, partigiana e paladina dei diritti delle donne e dei minori a Nilde Iotti, prima donna presidente della Camera, che con dolcezza e fermezza contribuì a costruire l’architettura democratica dell’Italia repubblicana.

A queste madri si aggiungono quelle madri-coraggio nella quotidianità, quelle che spesso restano taciute e sconosciute. Le madri ucraine, palestinesi e israeliane di oggi, per esempio, simboli contemporanei di un dolore antico, che crescono i figli tra bombe, fughe e lutti, chiedendo pace e futuro. Le madri che lottano contro il degrado culturale che tiene viva la vergogna delle spose bambine. Le madri direttamente o indirettamente vittime di abusi e di femminicidi. Le madri che hanno pagato con la vita il coraggio di aver difeso i propri figli dalle violenze.Ed è proprio il pensiero rivolto a queste madri che ci costringe ad una riflessione profonda, che dovrebbe spingerci oltre il circo dell’ipocrisia sociale. Il circo che celebra le madri e poi le dimentica sistematicamente. Il circo che applaude la maternità, ma abbandona le madri. Il circo che rende le donne vulnerabili, fino a trasformarle in vittime di violenza domestica, di abusi e di femminicidi.

Il circo che ci rende mediocri e banali nel pensiero e nell’azione.

Dovremmo ricordarci, invece, che non c’è maternità senza sicurezza, che non c’è celebrazione senza rispetto quotidiano. Che non c’è rosa profumata che garantisca un cambiamento senza una rivoluzione comportamentale, senza la volontà, politica e culturale, di mettere davvero le madri, e con loro tutte le donne, al centro del futuro. Che non c’è progresso possibile senza chi, da sempre, genera la vita.

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