Nel 1946, il primo governo repubblicano sceglie come inno nazionale il ‘Canto degli Italiani’, scritto un secolo prima dal giovane eroe risorgimentale Goffredo Mameli. Una scelta non suffragata però da alcun atto con forza di legge e per questo ancora provvisoria. L’eterna battaglia, non ancora vinta, con ‘Va pensiero’, il coro del Nabucco di Giuseppe Verdi
di Ferdinando Regis | 5 agosto 2016
COMMENTI (43)
18
Più informazioni su: Carlo Azeglio Ciampi, Costituzione, Giuseppe Mazzini, Inno di Mameli, Silvio Berlusconi
Provaci ancora, Goffredo. Forse la legislatura numero 17, proprio nell’anno delle Olimpiadi, ad onta di cabale e superstizioni, potrebbe essere quella buona, dopo i molti tentativi andati a vuoto, per vedere finalmente in Costituzione, accanto al Tricolore, “Fratelli d’Italia” (che in realtà si chiama il “Canto degli Italiani”) come inno nazionale. Un’attesa lunga 70 anni per la composizione del giovane eroe risorgimentale Goffredo Mameli, caduto a soli 22 anni sotto i colpi dei soldati francesi al servizio da Pio IX.
E’ il 12 ottobre del 1946 quando il primo governo della Repubblica guidato da Alcide De Gasperi stabilisce che da lì in poi quella che era stata la colonna sonora del Risorgimento avrebbe rappresentato in versi e musica tutta la nazione. Il Canto composto da Mameli verrà intonato per la prima volta come inno nazionale il 4 novembre, per il giuramento di fedeltà delle forze armate alla Repubblica. In calce al verbale di quel Consiglio dei ministri, una nota: “Il governo proporrà uno schema di decreto col quale si stabilisca che provvisoriamente l’inno di Mameli sarà considerato inno nazionale”. Il decreto però, non verrà mai scritto né emanato. I francesi, la “Marsigliese” ce l’hanno in Costituzione dal 1958, noi stiamo ancora aspettando.
Nel 1946, il primo governo repubblicano sceglie come inno nazionale il ‘Canto degli Italiani’, scritto un secolo prima dal giovane eroe risorgimentale Goffredo Mameli. Una scelta non suffragata però da alcun atto con forza di legge e per questo ancora provvisoria. L’eterna battaglia, non ancora vinta, con ‘Va pensiero’, il coro del Nabucco di Giuseppe Verdi
di Ferdinando Regis | 5 agosto 2016
Non è ufficiale l’inno di Mameli. Sembra assurdo pensarci, ma la celebre canzone non è legata ufficialmente all’Italia. “Fratelli d’italia”, che in realà si chiama“Canto degli Italiani”, viene usata “abusivamente” da oltre settant’anni come inno nazionale. E dire che il povero Goffredo Mameli morì a ventidue anni, ucciso dai soldati francesi ingaggiati dal papa Pio IX. Dal 1949, quando De Gasperi stabilì il legame, non è arrivato il decreto di ratifica. Mai scritto. Mai emanato. Quindi l’inno c’è solo di fatto. Anche per questo, puntualmente, arrivano di tanto in tanto proposte di sostituzione con altri pezzi, canzoni, ritornelli. Da Verdi a Bennato ad Azzurro. Un pasticcio che non trova la sua forma documentale, nero su bianco. Eppure l’inno resta. Per i mondiali e le partite. Fratelli, si. Senza documento.