Fosse un calciatore, direbbe «se segno non esulto». Di più, a voler rimanere nell’affascinante dimensione dell’immaginazione: fosse ancora in vita, direbbe d’aver «il cuore diviso a metà», glissando sui pronostici con un ponziopilatesco «vinca il migliore». Arechi II, prima Duca e poi Principe longobardo, era un beneventano trapiantato a Salerno. E allora va da sé che questo derby l’avrebbe vissuto con l’imbarazzo del dover «tifare per entrambe».
Per diritto di nascita avrebbe dovuto scegliere i sanniti: nacque a Benevento nell’anno 734 (o giù di lì), sposò Adelperga, figlia di re Desiderio (nobiltà ha sempre amato nobiltà) e fu nominato Duca dal suocero, prima d’assumere il titolo di princeps. Poi il trasferimento a Salerno, dove il Principe ormai 40enne decise di “metter su casa”, facendo costruire quel maestoso Castello che porta il suo nome.
Arechi oggi è un’icona della “sua città adottiva”, che non a caso nel 1990 gli intitolò il nuovo stadio che mandò “in pensione” il vecchio Vestuti. Sì, proprio il “tempio” calcistico dove gioca la Salernitana, l’avversaria di stasera del Benevento. E allora, per chi tifa, nel derby, signor Principe? «Per il pareggio», risponderebbe. Inutile spiegargli che in Coppa dev’esserci per forza un vincitore, ci resterebbe male. Tanto, ai suoi tempi, non esistevano mica i supplementari…