Che fine hanno fatto tutti i soldi che il clan D’Alessandro ha guadagnato in de-cenni di dominio criminale di Castellammare? Chi ha aiutato la cosca di Scanzano a lavare il denaro sporco frutto delle attività illecite, estorsioni in primis? In qua-li settori hanno investito? Sono le domande su cui gli investigatori lavorano da sempre, sebbene negli anni ci siano state spesso fasi di emergenza dovute – un esempio su tutti- alle passate faide di camorra che hanno, giocoforza, spostato l’attenzione su aspetti più cruenti e rumorosi. Ma soprattutto sono gli interrogativi a cui è più difficile trovare risposte, tanto più in una città come Castellammare dove anche le denunce per estorsione sono sempre vicine allo zero. Figurarsi quelle intorno alle collusioni tra camorra e altri ambienti. Eppure sono proprio questi gli aspetti investigativi più interessanti ai quali Renato Cavaliere, il pentito eccellente del clan D’Alessandro, ha dato un contributo importante con le dichiarazioni rese nei sei mesi che la legge concede a un collaboratore di giustizia per raccontare tutto quel che sa intorno alla cosca in cui ha militato. E Cavaliere, che vanta vent’anni di affiliazione ai D’Alessandro ma soprattutto un ruolo di spicco all’interno della cosca oltre a quello di spietato killer, conosce molto dei rapporti tra gli ambienti criminali e quelli cosiddetti borghesi. Già nella prima parte di dichiarazioni desecretate quando sono state depositate agli atti dell’ultimo processo sull’omicidio del consigliere comunale Pd Gino Tommasino (quello celebrato davanti alla Corte d’Appello di Napoli che ha riformato l’ergastolo a carico dei killer Cavaliere e Romano in trent’anni di reclusione) emerge che il nuovo pentito eccellente queste cose le conosce. Parlando di rapporti del clan con alcuni professionisti, infatti, il pentito ha svelato il sistema attraverso il quale gli uomini della cosca pagavano alcuni servizi ricevuti. Nessun assegno diretto, ma un giro di titoli per occultare quanto più possibile il rapporto tra i colletti bianchi e gli esponenti del clan di Scanzano. Questioni di cui si occupava principalmente Luigi Belviso, cognato del defunto fondatore della cosca Mi-chele D’Alessandro (hanno sposato due sorelle) e padre dell’ex reggente Salvatore, ora entrambi pentiti. Ma anche Cavaliere ha assistito spesso a discussioni intorno a questo genere di questioni e in alcuni casi le ha gestite direttamente, come ha lui stesso rivelato alla Dda di Napoli descrivendo la fase in cui le redini del clan sono state prese in mano da Vincenzo D’Alessandro, attualmente detenuto, all’epoca della sua ultima scarcerazione nel 2008. Passaggi su cui gli investigatori sono al lavoro per trovare tutti i necessari riscontri e che fanno presagire clamorosi provvedimenti da parte dell’autorità giudiziaria non solo negli ambienti prettamente criminali.
CRONACA
15 agosto 2016
Castellammare. Il pentito svela i nomi degli imprenditori vicini al clan