«Chista è la verità che s’è vendut, nun po’ ricattà or-mai ha parlat, te promett che la famiglia tuia, stà sempre bona niente mai le può mancà … fannu male sti cose, nun ciamm arrennere». Inizia così una delle più celebri canzoni di Tony Marciano, il neomelodico di Torre Annunziata finito nei guai nel 2012 con l’accusa di traffico di sostanze stupefacenti. Ed è proprio questa canzone ad aver accesso i riflettori dell’Antimafia che individuarono in quel testo un chiaro messaggio contro i collaboratori di giustizia. Pentirsi “rovina le famiglie” e giù una serie di messaggi che per l’Antimafia erano un chiaro messaggio della cosca dei Gionta. Ebbene dopo quattro anni l’ex cantore del clan è tornato in libertà e a Torre Annunziata riparte il tormentone. Eppure come Marciano ci sono altri cantanti neomelodici che sono finiti nel mirino delle forze dell’ordine per quel rapporto con gli ambienti criminali. Un rapporto che inevitabilmente travolge le attività dei cantanti e ne diventa anche un mezzo attraverso il quale veicolare messaggi ad affiliati. Ma perché i neomelodici e lo stile quasi sempre trash riesce a coinvolgere un bacino immenso di fans? Va premesso che il loro modo di cantare si è diffuso a partire dagli anni ‘90, con qualche precedente negli anni ‘80, ed è il prodotto, da un lato, dell’abbassamento dei costi della tecnologia per la produzione della mu-sica e, dall’altro, del fatto che i ceti marginali della popolazione hanno ormai assorbito i meccanismi simbolici della tv.
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