Di nuovo assolto. E sempre per la stessa ragione: la mancanza di una prova certa sul suo ruolo di mandante delle azioni di sangue che hanno scandito la prima faida di Scampia e Secondigliano. Ieri pomeriggio i giudici della seconda sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli hanno cancellato con un colpo di spugna la sentenza di condanna a cinque anni di reclusione che in primo grado venne stabilita per Cosimo Di Lauro, il figlio del boss Paolo che nel 2004 assurse al ruolo di capo determinando la scissione dei ‘senatori’ della cosca. Cosimo Di Lauro rispondeva di una ‘stesa armata’ nelle Case Celesti. Rispondeva di aver ordinato una delle violenti incursioni in quel rione di edilizia popolare divenuto il principale terreno di scontro tra lo zoccolo duro dei Di Lauro e i ‘ribelli’. Lì, in quel palazzoni di cemento venuti su nel post-terremoto, abitavano molti degli scissionisti e dei loro parenti, e i Di Lauro – come primo atto di terrore – imposero che i nuovi nemici e i congiunti andassero via. I pentiti hanno accusato Cosimo Di Lauro di essere stato il regista anche di quella guerra di nervi, ma i racconti dei malavitosi che hanno vissuto la faida o che ne hanno sentito parlare da altri protagonisti non si sono rivelati sufficienti. Sentenza di assoluzione. Le motivazioni alla base della sentenza faranno chiarezza sul perché i giudici della seconda sezione della Corte d’Assise d’Appello di Napoli hanno deciso di prendere le distanze dal verdetto di primo grado, anche se appare verosimile che le argomentazioni dei legali di Cosimo Di Lauro abbiano aperto una breccia nell’impianto accusatorio: nessuno dei pentiti che pure hanno deposto ha sentito o visto Cosimo Di Lauro dare il mandato per la stesa. Un vuoto dichiarativo che già in passato ha affossato due pesanti accuse di omicidio: Cosimo Di Lauro è stato assolto con sentenza definitiva dall’aver ordinato gli omicidio degli innocenti Gelsomina Verde e Attilio Romanò, uccisi rispettivamente nel novembre del 2004 e nel gennaio del 2005.