Giovanna Lucchese, la madre dei fratellini Mulone, Carmelo e Laura, i bambini travolti e uccisi dall’esplosione dei vulcanelli della riserva Maccalube, nell’Agrigentino, chiede giustizia. Il processo per la morte dei piccoli sta entrando nel vivo. La donna ha appena accompagnato in tribunale il marito, primo teste ad essere sentito dal giudice Giancarlo Caruso. In aula, al Tribunale di Agrigento, ha visto i video e le foto di quella mattina del 27 settembre: impossibile non gridare dal dolore ricordando che sotto quel cumulo enorme di fango sono morti i suoi due unici figli, in gita quel giorno, con il padre, il carabiniere Rosario Mulone, nella riserva di Aragona in occasione del compleanno del piccolo Carmelo. «I miei figli non sono morti per caso – dice la donna – me li hanno uccisi e chi ha sbagliato deve pagare. Ci sono dei responsabili. Prima non ho parlato perché il dolore era troppo forte, ma ora è arrivato il momento, perché ho promesso ai miei figli che lotterò per loro». La donna parla mentre guarda la casa silenziosa ma piena delle foto dei bambini e dei loro ricordi: ha anche pensato di lasciare Aragona, perché ogni angolo di paese riporta a quel dolore insopportabile per due genitori.
Era circa mezzogiorno quando un pezzo di terra, grande quanto un campo di calcio, si è “ribaltato”, come suggerisce il nome stesso del luogo: il termine Macalube (o Maccalube), che deriva dall’arabo Maqlùb, significa letteralmente “ribaltamento”. La terra ha tremato, una colonna di fango, secondo alcuni testimoni alta 40 metri, si è sollevata prima di ricadere, seppellendo i due bimbi e trascinando con sé anche il padre, un carabiniere di 46 anni che vive ad Aragona con la ospedale, dove era stato portato il cadavere di Laura e dove i sanitari li hanno sottoposti a controlli medici.