Trentadue anni. Trentadue anni passati senza sapere chi fu a causare la morte di 16 persone (cui se ne aggiunse un’altra, anni dopo, per i danni causati dall’esplosione) e il ferimento di altre 267. Le lancette dell’orologio segnavano le 19.08, quando il 23 dicembre 1984 sul treno Rapido 904, proveniente da Napoli e diretto a Milano, esplose un ordigno. Quel treno stava percorrendo la Grande Galleria degli Appennini nei pressi di San Benedetto Val di Sambro. A causare la detonazione fu una carica di esplosivo radiocomandata, collocata su una griglia portabagagli nella carrozza numero 9 di seconda classe. Dall’analisi degli atti processuali e dalle relazioni della commissione parlamentare d’inchiesta è emerso che la strage, che ha coinvolto a vario titolo esponenti della criminalità napoletana e siciliana, rientrava in una strategia preordinata dai vertici di “Cosa Nostra” per allentare la morsa a cui erano sottoposti a seguito delle rivelazioni di alcuni collaboratori di giustizia che avevano portato all’emissione di centinaia di provvedimenti restrittivi. L’ultimo processo conclusosi nell’aprile del 2015 ha visto l’assoluzione dall’accusa di mandante della strage del boss Totò Riina e, ad oggi, non è stata fissata una data per il ricorso in appello. Questa mattina l’Associazione Familiari delle Vittime ha organizzato la cerimonia di commemorazione nell’atrio della stazione centrale di Napoli.
CRONACA
23 dicembre 2016
Rapido 904, dopo 32 anni nessun colpevole. Oggi la commemorazione a Napoli