Ercolano. Dalla pax mafiosa, all’accordo tra gli Ascione e i killer di Caivano. Dagli incontri con Immacolata Adamo – la moglie del boss defunto Raffaele Ascione – ai 100 milioni di lire messi a disposizione dai “Bottone” per uccidere Stefano Zeno e Salvatore Viola, due pezzi da 90 del clan Birra-Iacomino.
Ci sono 30 anni di storia della camorra, in fondo ai primi verbali di Antonio Birra, il super pentito di Ercolano, il fratello del boss ergastolano Giovanni, l’uomo che ha fondato la cosca di via Cuparella.
A giugno 2016 – dopo una vita spesa al servizio della malavita – Birra ha deciso di collaborare con la giustizia. Alcuni dei suoi racconti – sinora segregati – sono stati depositati nel fascicolo del processo che vede imputate 21 persone, tra cui Immacolata Adamo, nota a tutti come “Assunta”, la “vedova nera” del clan Ascione.
Le prime parole da pentito di Antonio Birra aprono uno squarcio in fondo alla genesi di quella che è stata una delle più sanguinarie guerre della storia della camorra vesuviana: 60 morti ammazzati e centinaia di agguati. Il super pentito – in un verbale datato 5 ottobre 2016 – racconta del ruolo di Immacolata Adamo e in particolare del “doppio gioco” che la moglie del boss avrebbe messo in atto per “stanare” i Birra.
«Una volta uscito dal carcere mio fratello mandò 30 milioni di lire ad Adamo Assunta – racconta il super-pentito – come segno di “rispetto”. Questo gesto di mio fratello era finalizzato di dire alla Adamo di starsene buona e calma e di smettere di delinquere, perchè in quella situazione era lui che comandava».
Un’offerta che la “vedova nera” della camorra avrebbe – in un primo momento – rifiutato, secondo Birra. Al punto che a farsi carico della “trattativa” furono Stefano Zeno – l’altro reggente del clan – e Salvatore Viola: «i personaggi più temuti del clan», come racconta Antonio Birra.
Ma donna Imma non molla. Prima si rifiuta, poi – dopo qualche giorno – si presenta a casa di Giovanni Birra per firmare – secondo il super pentito – un accordo farsa. «Qualche giorno dopo si presentò nella stalla un affiliato di Caivano – racconta Birra – ci avvertì che la Adamo aveva offerto 100 milioni di lire per uccidere Stefano Zeno e Salvatore Viola. A quel punto fu chiaro il doppio gioco della Adamo che tramava per aggredirci. Evidentemente il denaro offerto doveva essere poco rispetto alle cifre entrate in casa Ascione per gli affari illeciti». Fu questa – secondo Birra – una delle ragioni scatenanti alla base dell’incredibile guerra che insanguinò le strade di Ercolano.