Davanti al giudice e’ rimasto muto ma per lui parla una memoria di oltre cento pagine. E attraverso gli avvocati fa sapere “di non avere mai conosciuto Tiziano Renzi”. La “verita’” di Alfredo Romeo, l’imprenditore napoletano finito in carcere il primo marzo scorso per l’accusa di corruzione nella maxinchiesta sugli appalti Consip, e’ in quei fogli depositati al gip Gustavo Sturzo al termine di un interrogatorio di garanzia durato pochi minuti in una stanza del carcere di Regina Coeli. Una memoria in cui Romeo respinge le accuse e si ritaglia un ruolo di vittima del sistema che gira intorno alle commesse milionarie della centrale acquisti della pubblica amministrazione. Parte del memoriale e’ rappresentato dalle sessanta pagine che nell’aprile del 2016 deposito’ proprio in Consip e invio’ per conoscenza anche all’Anac e all’Antitrust. In sintesi il 64enne di Napoli si descrive come “vittima” nel meccanismo di affidamento degli appalti che, a suo dire, lo stava danneggiando a favore di alcune “coop rosse”. “Le mie offerte – e’ la ragionamento fatto da Romeo con i suoi difensori – sono sempre tra le piu’ basse ma la discrezionalita’ di chi e’ deputato a scegliere il vincitore mi porta a perdere l’appalto”. E ancora: “non ho mai dato una lira a nessuno”, spiegano i difensori. Con Luigi Marroni (amministratore delegato di Consip ndr), sostengono i suoi penalisti, si e’ incontrato una sola volta come vicepresidente di una associazione di categoria e gli ha esposto esigenze ma mai a titolo personale”. “Romeo non era un privilegiato, ma in Consip era un emarginato. Altro che corruttore, lui e’ stato fregato piu’ volte”, spiegano i legali. L’incartamento e’ da tre mesi a disposizione dei pm di Napoli e da una ventina di giorni dei magistrati di Roma che ne hanno chiesto l’arresto. Per l’avvocato Giovanni Battista Vignola, “nell’esposto Romeo si rammaricava e invitava la Consip ad esser piu’ rigorosa negli accertamenti e nei controlli sui grossi raggruppamenti illeciti fatti presso quei gruppi imprenditoriali che sono i veri padroni del mercato”. Il penalista, lasciando il carcere di Regina Coeli, ha ulteriormente precisato il concetto spiegando che l’imprenditore napoletano “nel lamentarsi di cio’, faceva riferimento a queste Associazioni temporanee di impresa (Ati) illegittime, con cessioni di quote fasulle, facendo i nomi di coop rosse, Manutencoop e Cofely. E su questo si possono fare indagini di maggiore spessore rispetto a questa attuale”. Dal carcere Romeo ribadisce di sentirsi strumento di una diatriba politica e di “non avere mai conosciuto Tiziano Renzi o personaggi vicini all’entourage dell’ex presidente del Consiglio”. Parole, queste ultime, commentate da Firenze dall’avvocato di Renzi Sr, Federico Bagattini. “Prendiamo atto, ma non con stupore, che e’ arrivata la prima conferma alle dichiarazioni del dottor Tiziano Renzi, il quale interrogato dai magistrati, ha risolutamente negato la sua presenza in qualsivoglia bettola e di aver mai conosciuto l’avvocato Romeo”. La palla adesso passa nuovamente al Gip a cui i legali hanno presentato un’istanza di scarcerazione che mette in discussione l’utilizzabilita’ dei pizzini su cui, secondo l’impianto accusatorio, Romeo avrebbe segnato cifre e iniziali dei soggetti a cui erano dirette le sue dazioni di denaro (tra cui anche due in cui sarebbe citato il padre di Renzi). “Non sono state rispettate le regole previste dal codice di procedura penale nella gestione delle prove a carico e per questo presenteremo anche ricorso al tribunale del Riesame”, dicono gli avvocati.
CRONACA
6 marzo 2017
Romeo “io fregato,mai visto Tiziano Renzi”, muto davanti al gip