Torre del Greco/Ercolano. La Procura di Napoli chiede il rinvio a giudizio per i 31 indagati coinvolti nell’ultima maxi-inchiesta sul sistema racket tra Ercolano e Torre del Greco. La Direzione Distrettuale Antimafia vuole portare a processo boss ed esattori ritenuti vicini ai cartelli criminali dei Birra-Iacomino e degli Ascione-Papale, le due cosche in guerra per il controllo degli affari illeciti all’ombra del Vesuvio.
I boss alla sbarra
Tra i protagonisti delle indagini alcune figure di spicco delle organizzazioni criminali specializzate in droga ed estorsioni. Da Mario Ascione a Giorgio di Bartolomeo, passando il “re” del racket ai cantieri edili, Luigi Nocerino. Ma anche Giacomo Zeno, colonnello del clan Birra e Ciro Montella, alias ‘o lione, boss ergastolano degli Ascione-Papale. Rischiano il processo Giuseppe e Pietro Vollaro, ritenuti rappresentanti del gruppo criminale con base a Portici e fondato da Luigi Vollaro, storico boss della malavita vesuviana recentemente morto in carcere. Ma anche Giovanni Birra, capo fondatore del clan con base a corso Resina, Stefano Zeno, il boss che deve scontare 10 ergastoli per omicidio, Marco Cefariello, il baby ras pentito diventato camorrista a 13 anni. Poi anche Lorenzo Fioto, lo “stalliere” del clan Birra.
L’inchiesta
La richiesta di rinvio a giudizio arriva al termine di un tortuoso iter burocratico. Sotto i riflettori della Dda e dei carabinieri di Torre del Greco sono, infatti, finiti una serie di episodi estorsivi commessi negli ultimi 20 anni. Reati troppo vecchi per il gip che decise di rigettare la richiesta d’arresto per i 31 indagati. Da qui il ricorso al tribunale del Riesame che ha ribaltato la decisione. Nei mesi scorsi sono stati arrestati 13 tra boss ed esattori del pizzo che non hanno presentato ricorso in Cassazione. Per gli altri 18 indagati che si sono appellati ai giudici della Suprema Corte, è stato disposto lo stop all’arresto. Le accuse però restano e ora anche i 18 indagati non raggiunti dall’ordinanza di custodia cautelare rischiano di finire alla sbarra.
Appalti e denunce
Nel mirino degli inquirenti sono finiti decine e decine di episodi estorsivi. Dal racket sui cantieri edili – un marchio di fabbrica della camorra vesuviana – alle percentuali sui lavori imposte agli imprenditori. Ma anche la semplice richiesta di “pizzo” ai commercianti, fino alla “tassa” imposta persino ai titolari dei campetti di calcio. Un’inchiesta mastodontica messa in piedi soprattutto grazie alle denunce dei commercianti che hanno aperto uno squarcio nel muro di omertà che negli ultimi anni ha imprigionato la città. I veri pilastri di quello che ormai nel mondo è famoso come il “modello Ercolano”.