Andrea Di Martino*
Sui testi di Storia nel futuro prossimo venturo, si studierà che negli anni 20 del secondo millennio della cristianità, una pandemia globale esercitò un’azione rivoluzionaria degli assetti della globalizzazione, fino a quel momento conosciuti. E’ questo lo spirito con cui ho affrontato la lettura dell’editoriale del direttore Schettino, pubblicato domenica su questo giornale. Non ho di certo la pretesa intellettuale di designare gli scenari del futuro, mi avverto troppo piccolo per una simile impresa, provo però ad analizzare ciò che sta avvenendo.
Il lockdown ci ha scaraventati in una serie di universi separati paralleli, come se fossero le città invisibili raccontate da Calvino. Mentre tutto ci appariva fino ad ieri, globale, unificato, raggiungibile in poche ore, improvvisamente questo universo globale è entrato in bolle, separate, osservabili ma non raggiungibili.
Possiamo osservare ma non toccare. La città delle rete globale, ci fa comunicare costantemente con tutti, ma filtra le informazioni le distorce e sta a noi al nostro senso critico, percepire le illusioni della fata morgana. Contemporaneamente assistiamo ad, un vero e proprio balzo in avanti tecnologico. Ciò che fino ad ieri sembrava impossibile, oggi diventa necessario. Si rompono resistenze, burocrazie pigre, e si inizia a diffondere su larga scala lo smart working, lavorare senza muoversi dalla propria abitazione diventa una pratica possibile e diffusa. In ogni ambito, istituzionale, aziendale e sociale, si fa strada la prassi di riunirsi attraverso video conferenze.
Per cui uno strumento che prima era appannaggio di elite tecnologicamente dotate, oggi diventa strumento di massa. Una pratica che quando entra nelle istituzioni, pone quesiti che attengono al funzionamento delle democrazie e del controllo delle tecnologie. Le commissioni consiliari o i consigli comunali, che stiamo facendo attraverso call conference, rendono più agevole la partecipazione democratica, ma pongono urgentemente il tema di regolamentare il controllo degli strumenti attraverso i quali tutto questo avviene.
Stesso tema che si pone per la Città della scienza, siamo cresciuti in un tempo in cui la indipendenza della scienza dal potere politico, la sua neutralità era un caposaldo per l’umanità. In questa crisi, sempre più spesso ci viene spiegata la necessità della scienza al servizio della politica. Una condizione che farebbe fare salti indietro spaventosi. Quando invece il desiderio di tutti è avere qualche parola definitiva, su questo virus, sulla sua natura, sui comportamenti che dobbiamo attenderci nel prossimo futuro. Sotto questo versante, invece, c’è una spaventosa spettacolarizzazione, mille ipotesi differenti lanciate li, senza curarne il rigore, che rischiano di minare l’autorevolezza di suggerimenti atti a salvare vite umane.
Tanto di cio che stiamo osservando ci dovrà essere da lezione per il futuro. Il nostro ambiente senza la presenza dell’umano sembra in poco tempo rinato, assenza di inquinamento, smog, immissioni nocive, rende la nostra aria più respirabile, le acque limpide, si sentono nuovamente i profumi anche in città, il silenzio rende le nostre esistenze più rilassate. I nostri tempi frenetici si sono riconvertiti alla lentezza.Ricordarci di preservare parte di questa esperienza sarà uno dei bagagli che dovremmo portarci nel futuro. Così come nel futuro dovremo essere capaci di portare con noi lo spirito di solidarietà scattato in questa crisi. Molti in modo anche riservato, si sono mossi per far fronte alle esigenze di chi aveva perso il lavoro, di chi non poteva svolgere la sua attività. E’ in corso un bel movimento solidale. Ci siamo dimenticati delle invasioni dei migranti, ed anzi ne abbiamo avvertito il bisogno per assicurare manodopera alla agricoltura.
E’ uno spirito nuovo da metterci in valigia. Tutto questo senza mai dimenticare le morti che questo virus ha provocato, i dolori, i nostri medici esposti in prima linea in questa guerra mai sufficientemente ringraziati. Eppure oggetto, in alcuni casi di attacchi inutili e strumentali da parte, di chi per nascondere i propri limiti ha cercato di additare al pubblico gli untori. Nulla di nuovo nel comportamento umano, come ci insegnano i racconti della peste nel 600 del Manzoni, ma cose di cui vorremmo fare volentieri a meno. Così come la crisi economica che questa pandemia ha generato, rischia di essere drammatica ed impoverire ulteriormente alcuni ceti popolari, a vantaggio di altri che si arricchiranno. Come tra le nazioni.
Nazioni demograficamente vecchie rischiano di vedere accelerato il loro declino, per far fronte alle nuove tigri dalle popolazioni giovani e numerose. La crisi da Covid-19 sta solo facendo fare un balzo in avanti ad un processo in corso. Ci sono state, invece, le città che mentre il mondo si fermava, continuavano a svolgere come se nulla fosse la propria vita, è avvenuto nelle periferie delle grandi metropoli, ed è avvenuto in piccoli paesi, come nel caso del funerale di Saviano o nella quotidianità di piccoli borghi, sfuggiti al controllo, dove d’improvviso esplodono focolai epidemici di decine di unità contemporaneamente.
Sono le mille sfaccettature di una pandemia da cui potrà uscire un mondo migliore, se saremo in grado di riflettere e correggere i nostri comportamenti, o un mondo peggiore se quelle città impermeabili resteranno chiuse nelle loro bolle virtuali. L’uno o l’atro scenario dipenderanno solo da come reagiremo noi, singolarmente, e su quale sentiero faremo riprendere il nostro cammino.
(*Consigliere comunale Castellammare di Stabia)