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Guerra in Ucraina, chiusa in casa con il figlio down: ‘a Kiev senza scampo’
CRONACA
1 marzo 2022
Guerra in Ucraina, chiusa in casa con il figlio down: ‘a Kiev senza scampo’
Redazione

Per Tania e suo figlio Lev, diciasettenne con la sindrome di Down, il tempo si è fermato il 24 febbraio: da sei giorni, dall’inizio ufficiale della guerra in Ucraina, sono bloccati in casa, senza scampo, a Kiev. Impossibile portare Lev in un rifugio: rumori, folla, buio, freddo, notti dormendo per terra, lo destabilizzerebbero troppo. E con loro c’è anche la nonna ultraottantenne. Il rifugio diventa allora un angolo del corridoio ‘attrezzato’ a bunker, mentre i bombardamenti, racconta Tania, si fanno sempre più vicini. La linea telefonica è disturbata ma Tania ci tiene a lanciare il suo appello: “Siamo ormai in piena guerra, la situazione peggiora di ora in ora e le esplosioni si fanno sempre più vicine, ora credo siano a non più di 20 km, ma la città sta resistendo.

Abbiamo paura, spero si riesca a fermare questa guerra assurda”. La preoccupa la anziana madre e, soprattutto, Lev: “Mio figlio, come tanti altri disabili – racconta Tania, che è anche membro dell’Associazione ucraina persone Down – sta vivendo un incubo. Per i ragazzi Down la routine quotidiana è importante è dà loro sicurezza. Ora il suo mondo è crollato. Viviamo prigionieri in casa, perché andare in un rifugio è improponibile. Per lui sarebbe troppo dura, non reggerebbe quella situazione e non sarei in grado di gestirlo, è terrorizzato”. Il termine ‘guerra’ Lev non lo comprende fino in fondo: “Ciò che ha colto è che ci sono i bombardamenti e tutto può essere distrutto. Mi chiede in continuazione quando finirà e quando potrà rivedere gli amici. Attende con ansia il 16 marzo, il suo diciottesimo compleanno. Ho paura a dirgli che, ad oggi, non so dove saremo quel giorno”. Tania esce pochissimo: “Siamo fortunati, nonostante tutto. Il giorno prima della guerra, dei miei amici europei mi hanno avvertita di fare scorte perché qualcosa di terribile stava per succedere.

Così ho fatto. Abbiamo ancora cibo in casa, ma non so come faremo a breve. I supermercati ormai sono quasi vuoti, non si trova più il pane”. Rimanere a casa è un rischio, ma Tania si sta attrezzando: “Ho sistemato un angolo del corridoio rendendolo una sorta di bunker. Ho ammassato coperte e sigillato tutto con nastro adesivo, eliminando tutti gli oggetti pericolosi. Non so se basterà, ma il rifugio per noi è troppo lontano oltre che improponibile”. Ma Lev non è un caso isolato. Sono 2,7 milioni le persone con disabilità registrate in Ucraina e la loro situazione, afferma Tania, “è spaventosa”. La denuncia arriva anche dall’Associazione Europea Sindrome di Down (EDSA), che ha inviato una lettera aperta alle istituzioni europee: “I rifugi a Kiev sono inaccessibili, così le persone con disabilità e le persone Down – scrive – sono costrette a rimanere a casa, senza sapere dove possono andare per essere al sicuro. Quelle che vivono negli istituti, poi, sono già tagliate fuori dalle loro comunità e rischiano di essere abbandonate e dimenticate”. Quella dei disabili, insomma, è una tragedia nella tragedia. Tania ha la voce scossa, e quando parla del prossimo futuro la sua ansia cresce: “Mio marito è morto e qui sono sola ma spero di riuscire a portare Lev e mia madre fuori da Kiev. Non so come farò, per noi l’unico mezzo possibile sarebbe l’auto. Spero davvero di farcela”. Vorrebbe ancora raccontare Tania, ma con un whatsapp avverte: “siamo di nuovo piena emergenza”. Le forze armate russe, battono le agenzie poco dopo, hanno colpito la Torre della Tv di Kiev.

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