A poche ore dal terremoto elettorale che ha scosso dalle fondamenta le certezze (poche) del Movimento 5 Stelle, arriva l’ennesimo colpo di scena per i grillini. A scrivere l’ultimo capitolo della saga di guerre interne ai pentastellati sono stati i giudici del tribunale di Napoli. Nelle scorse ore, infatti, i magistrati si sono espressi sul famoso ricorso – presentato da alcuni attivisti – che avevano chiesto la sospensione dello statuto del Movimento e contestualmente anche lo stop agli incarichi di vertice del partito. Un attacco diretto, evidentemente, a Giuseppe Conte, presidente dei 5 Stelle, eletto alla guida del partito circa un anno fa (ad agosto) con la contestatissima elezione su Skyvote. Una vicenda che ha aperto una ferita profonda e forse insanabile nel Movimento, dando vita a una scissione di fatto partita dalla piattaforma Rousseau.
«Il Tribunale di Napoli ha respinto il ricorso in sede cautelare contro lo Statuto e le democratiche scelte dei nostri iscritti sul futuro del Movimento 5 Stelle – ha annunciato Conte con un tweet mercoledì sera – Andiamo avanti, con forza e determinazione per il rilancio del nuovo corso».
Secondo l’avvocato Francesco Cardarelli – componente del pool di legali che hanno assistito Conte – quella emessa dal tribunale di Napoli è «un’ordinanza molto ben motivata e articolata», che «sicuramente tocca tutti i punti nevralgici del ricorso e dà piene ragioni alle tesi del Movimento ». L’avvocato ha spiegato all’Adnkronos che «è sicuramente» una vittoria di Conte, dato che «il ricorso è stato respinto, sia pure in sede cautelare».
«Colpisce l’articolazione dei ragionamenti, dalla convocazione dell’assemblea alla non rilevanza del regolamento alla sostanziale democraticità delle regole previste nel nuovo statuto», sottolinea ancora il legale. «Il Tribunale – conclude l’avvocato – ci ha dato ragione perché il nuovo statuto rispetta le regole di democrazia interna».
Un verdetto che se da un lato dovrebbe porre fine alla battaglia legale interna al Movimento, potrebbe però anche rappresentare un punto di non ritorno per equilibri interni che – da un anno a questa parte – si sono modificati in maniera drastica e apparentemente irreversibile.
Un dato diventato lampante anche alle ultime elezioni comunali di domenica. In alcune città – anche in provincia di Napoli – il Movimento si è spaccato. Mentre Conte incontrava gli attivisti, Di Maio stringeva la mano ai sindaci del centrosinistra offrendo un’immagine del partito lontana dal concetto di coesione e unità di intenti. Un’incertezza che ha sicuramente inciso sul disastroso risultato elettorale.
Un risultato ancor più grave in territori, come quelli dell’area metropolitana di Napoli, dove si concentra il cuore dell’elettorato del partito. Scontri interni e dissidi che ovviamente possono avere un peso specifico importantissimo anche in vista delle politiche del 2023. Tra appena un anno, infatti, si dovrebbe tornare alle urne e i 5 Stelle rischiano di assistere ad una sostanziosa erosione dei consensi raccolti 4 anni fa, quando il Movimento raggiunse addirittura il 32% delle preferenze.
Dati che oggi sembrano un’utopia. Gli ultimi sondaggi – che risalgono a maggio (dunque prima del disastro delle comunali di domenica) dicono che il Movimento oscilla tra il 12 e il 13%. Venti punti percentuali in meno rispetto alle ultime politiche e con una tendenza in costante ribasso. Numeri che lasciano il tempo che trovano, ma che oggi senza un’inversione di tendenza – rischiano di inghiottire il partito.
Tante le cause della crisi finite al centro di dibattiti e assemblee. La più evidente, sottolineata anche dagli altri partiti, è il clima tutt’altro che idilliaco che si respira all’interno del Movimento. Una guerra interna finita in tribunale. I giudici hanno salvato Conte e la sua nomina, ma quella sentenza può rappresentare anche la condanna al declino dei grillini, passati in 4 anni dalle Stelle (Cinque) alle stalle.