Il grande teatro classico continua ad andare in scena al Teatro Grande di Pompei. Appuntamento venerdì 30 giugno 2017 con la prima assoluta dello spettacolo “Prometeo” da Eschilo nell’adattamento e per la regia di Massimo Luconi nell’ambito della rassegna Pompeii Theatrum Mundi 2017 che vede la collabrazione del Parco Archeologico di Pompei e il Teatro Stabile di Napoli. Lo spettacolo andrà in scena fino al 2 luglio.
Luca Lazzareschi interpreta uno dei personaggi più misteriosi e complessi della mitologia greca, Prometeo, affiancato da Alessandra D’Elia nel ruolo di Io, Monica Demuru il Coro, Gigi Savoia Ermes, Tonino Taiuti Oceano, e il fisarmonicista Vittorio Cataldi, con la regia di Massimo Luconi.
Lo spettacolo, qui al suo debutto assoluto su produzione del Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale, con Fondazione Campania dei Festival-Napoli Teatro Festival Italia, si avvale di una installazione di Moussa Traore, 56enne artista e scultore ambientalista senegalese, dei costumi di Aurora Damanti, delle musiche di Mirio Cosottini. La consulenza storico letteraria è di Davide Susanetti autore anche della traduzione del testo su cui si basa l’adattamento realizzato dal regista Luconi, che firma anche le scene dello spettacolo.
Il regista Massimo Luconi presenta così lo spettacolo: «Il destino di Prometeo è diventato, nel corso della storia della nostra civiltà, l’emblema di una umanità che acquista autonomia, fra utopia e sconfitta, libero pensiero e consapevolezza di sé, in contrapposizione alle minacce della natura e alla tirannia di un potere violento e distruttivo. Prometeo dona il fuoco agli uomini per affrancarli dalla loro barbarie, ma il fuoco ha anche un valore ambiguo, come ambigua è la figura stessa di Prometeo, eroe e vittima del potere di Zeus, ma anche in parte colpevole nell’aver tradito la fiducia del re dell’Olimpo (e il fatto che questo dono possa essere usato male è uno dei motivi che percorrono l’opera e che inquietano il nostro presente). La vicenda di Prometeo, con la sua dolorosa e nobile immagine di ribelle, di uomo in rivolta, che accetta di scontare il proprio destino con intransigente e coerente consapevolezza, è carica di pathos senza tempo, di rimandi a momenti drammatici della nostra storia contemporanea. Come non pensare alla Grecia dei colonnelli o a personaggi eroici della resistenza come Panagulis, ma sarebbe poco interessante lavorare su una attualizzazione realistica o una ricostruzione filologica. Con un doppio livello di narrazione (teatrale ed emotivo), siamo testimoni di un dramma che appartiene ai canoni del teatro antico e moderno, e guardiamo a questa opera straordinaria dell’antichità con il nostro sguardo critico, spogliandola dall’enfasi della tradizione ottocentesca ma assumendone in pieno l’energia e il fascino primordiale. Dopo aver nutrito il mio orizzonte culturale con la Grecia moderna più che con quella antica, occuparsi di Prometeo vuol dire compiere un viaggio alla ricerca del mito che ci appartiene come popoli del Mediterraneo. La storia di Prometeo, che è dentro di noi, sedimentata da secoli di storia anche tragica, ci arriva con i pezzi dell’opera di Ritsos, con il cinema di Cacoyannis e di Angelopoulos, incarna le nostre angosce e inquietudini, in termini psicanalitici rappresenta anche un incessante desiderio, una perenne insoddisfazione e pulsione conoscitiva e riflette in sintesi il tormento e il rovello intellettuale dell’uomo, che gli antichi greci già avevano ben evidenziato e analizzato. La tragedia è tutta in questa tensione su ciò che sarà domani, nella continua attesa sul futuro degli uomini e degli dei».