NAPOLI – Una pentola che balla su un fornellino di fortuna. Una piccola tavolata imbandita con attorno dieci persone che stringono le spalle per mangiare tutti assieme. «Pasquà passami il sale», grida il più grosso prima di buttare la pasta. La loro casa è un tugurio di cemento grande 30 metri quadrati (tutto compreso). Ci vivono in dieci, quando va bene. Per disperazione, qualcuno prova a mettere il naso fuori dalle sbarre, solo per respirare un po di aria pulita. Su quelle brandine di ferro arrugginito, ammassate l’una sull’altra, passano i colpevoli ma anche tanti, troppi innocenti in attesa di giudizio. Non siamo in Sud America ma a Napoli. Europa. Poggioreale, Secondigliano. Due penitenziari nel cuore della città dove vivono come sardine migliaia di detenuti. Ce ne sono 1149 in più, in totale, rispetto a quelli che dovrebbero esserci. Eppure, i reati sono diminuiti e anche gli ingressi in carcere sono calati. Ma i dati, i numeri sulle carceri italiane snocciolati nel rapporto sulle condizioni di detenzione dell’associazione Antigone, sono agghiaccianti.
Ciro Formisano
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